1ASLI XIII, Catania, 30 ottobre 2018
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Ringraziamento1 |
1. I Longobardi
2La storia migratoria dei Longobardi assomiglia a quella dei Goti; questi ultimi, però, si rivelano molto meno rilevanti per la diacronia delle lingue romanze e anche germaniche. La carta seguente identifica i nomi di alcune tappe della migrazione longobarda trasmessici dalla Historia Langobadorum di Paulus Diaconus (* ca. 725/730-† ca. 797/799; cf. vgl. Jarnut 1982, 11 ff.)2.

Tappe dalla migrazione longobarda secondo Paolo Diacono
3L'arrivo all'ultima tappa, cioè in Italia, viene ipotizzato da Wolfram 2002 come segue:
4"Non meno di 5500 Longobardi parteciparono da leali guerrieri federati agli ultimi combattimenti in cui Narsete distrusse l'impero italico degli Ostrogoti. Alboino (560/61-572), figlio di Auboin, fu il re longobardo il quale abbatté l’impero dei Gepidi con l'aiuto degli Avari e che poco dopo, nel 568, condusse una gigantesca quantità di popoli in Italia, costituita da Longobardi, Gepidi, Sarmati, Suebi, Sassoni e per fino Romani autoctoni. Ciò comportò la rottura con Bisanzio, che per più di cent'anni non strinse alcun patto con i Longobardi, e provocò, inoltre, la scissione dell'Italia, da una parte dominata dai Longobardi e dall'altra ancora in mano a Bisanzio." (Wolfram 2002, 105 s., trad. Th.K.)3
5L'impero longobardo si protrasse fino al 774, quando venne integrato nell'impero carolingio sotto Carlo Magno, il quale si intitolò ''rex Francorum et Langobadorum ac patricius Romanorum'' (cf. (???). La cartina seguente mostra la massima estensione del territorio longobardo sotto Astolfo (751 d.C.):

La massima estensione dell’impero longobardo sotto Astolfo (fonte)
1.1. L'occupazione e i toponimi su -fara
6Una fonte allora contemporanea, il cronista Mario di Avenches, scrive dell'invasione longobarda in Italia sotto il re Alboino (cf. Bertolini 1960) che si svolgeva in fara:
"Alboenus [...] cum omni exercitu relinquens [...] Pannoniam ... cum mulieribus vel omni populo suo in fara Italiam occupavit" (Marius Episcopus Aventicensis 1894, p. 238, cit. in Jarnut 1982, 47) | 'Alboino [...] che soggiornava in Pannonia [...] assieme al suo intero esercito [...] occupò l'Italia in fara, assieme alle mogli e a tutto il suo populo' (trad. e enfasi Th.K.)4 |
7In questa breve descrizione, il vescovo di Avenches (e poi di Losanna), che era probabilmente di origine gallo-romanza e non germanica, si serve di un germanismo addirittura emblematico per caratterizzare il processo di occupazione longobarda; la parola fara è imparentata con il ted. fahren/neerl. varen 'circolare con veicolo'.
8"Questa compagnia mobile comprendeva oltre ai guerrieri anche loro mogli e tutto il popolo non armato, quindi anche gli schiavi. I compiti all'interno del gruppo andavano oltre il solo guerreggiare - bisognava garantire la pace interna, assicurare il sostentamento del gruppo e del bestiame, e provvedere all'alloggio durante la migrazione; la fara indicava, in breve, la convivenza di una società mobile e senza patria." (Jarnut 1982, 47 f., trad. Th.K.)5
9Pare che queste compagnie mobili, guidate da singole personalità, si siano possibilmente stabilite in località fortificate già esistenti (cf. Jarnut 1982, 48, 52). L’espressione si è conservata in diversi toponimi italiani, come evidenziato sulla carta seguente che non vuole essere esaustiva (fonte dei toponimi). Il fatto di designare il nuovo posto di insediamento stabile con la parola fara, presuppone che il suo significato si era già spostato da ‘compagnia mobile’ a ‘compagnia’ data la lunga esperienza migratoria; la propria compagnia sociale era da sempre stata mobile.

fara nella toponomastica italiana (carta non esaustiva)
10Quando i longobardi giunsero in Italia, erano "almeno in parte cristiani ariani" (Jarnut 1982, 74, trad. Th.K.). In seguito all'insediamento, essi cambiarono la loro forma di vita e la struttura sociale, e si costituì un popolo "socialmente differenziato tra signori e paesani" (Jarnut 1982, 74, trad. Th.K.). Dal punto di vista della linguistica, interessa prima di tutto il processo di romanizzazione culturale in atto sin dal VII secolo nei confronti di questa popolazione. A quel tempo i longobardi passarono al cattolicesimo che diventò religione di Stato nella seconda metà del VII secolo (cf. Jarnut 1982, 77). Questa conversione favoriva ovviamente le unioni longobardo-romane; è però controverso l'eventuale impatto che ciò ebbe sull'abbandono o, al contrario, sul mantenimento della lingua.
2. Il bilinguismo longobardo-romanzo e il passaggio al monolinguismo romanzo
11Jarnut si esprime a favore di un passaggio al romanzo autoctono avvenuto piuttosto presto. Questa teoria è fondata esplicitamente su un codice legale abbastanza importante, il cosiddetto Edictus Rothari, (ed. Bluhme 1868), promulgato dal re Rotari nel 643:
12Data la progredita integrazione dei Longobardi in ambiente romano già pochi anni dopo la conquista, è chiaro che la tradizione scritta venisse redatta esclusivamente in lingua latina, come avvenne per i primi documenti reali risalenti alla prima metà del VII secolo e anche per l'editto di Rotari, appositamente promulgato per i Longobardi. In questo codice legale solo i termini tecnici giuridici sono resi in lingua longobarda, ma vengono allo stesso tempo tradotti in latino. Dobbiamo dunque presupporre che molti - forse la maggioranza dei Longobardi - fossero già bilingue nella prima metà del VII secolo." (Jarnut 1982, 78; trad. Th.K.)6
13Tra gli altri, fanno parte dei termini giuridici7 in lingua longobarda attestati nell'Edictus Rothari: morth 'omicidio' (c. 14), crabworfin 'furto di tombe' (c. 15), rairaub 'furto di cadaveri' (c. 16), wegworin 'brigantaggio di strada' (c. 26), marhworfin 'gettare giù un cavaliere' (c. 30) o anche walopaus 'camuffamento criminale':
"De walopaus. Si quis homini libero violentia iniuste fecerit, id est walupaus, octugenta solidos ei conponat. Walopaus est, qui se furtim vestimentum alium induerit aut se caput latrocinandi animo aut faciem transfiguraverit." (Edictus Rothari, c. 31, p. 31) |
‘Del walopaus. Se qualcuno opera ingiuste violenze a un uomo libero, e ciò significa essere walopaus, gli deve dare 80 solidi. È walopaus colui che indossa clandestinamente altre vesti o che sfigura/altera il capo o il proprio volto con intenzione di ladreria.’ (trad. Th.K.)8 |
14È fuori dibattito che il crimine citato e i termini prima elencati presentano designazioni longobarde e non latine. È anche chiaro che esse svolgono una funzione importante nel testo latino in cui sono inserite, poiché spesso rappresentano il tema del capitolo e identificano certi delitti gravi. Tuttavia la lingua di base della scrittura giuridica, come del resto della scrittura in genere, era il latino. Il solo fatto di adottare la forma scritta delle leggi è un ovvio segno della massiccia acculturazione dei longobardi appena giunti nella penisola. Non bisogna nemmeno dimenticare che il codice scritto si indirizzava a specialisti giuridici i quali avevano un'ottima competenza del latino e che, magari, erano in parte parlanti romanzi monolingui, e non longobardi. Non è quindi lecito dedurre dal testo una mancante competenza del latino.
15La struttura testuale degli inserimenti dei termini giuridici corrisponde spesso a questa formula:
TERMINE GIURIDICO LONGOBARDO | id est/est | SPIEGAZIONE IN LATINO |
Walopaus, | est | qui [...] |
16Ci si domanda allora se questa costruzione può darci un accenno al monolinguismo/bilinguismo dell’epoca. Secondo Jörg Jarnut, la SPIEGAZIONE IN LATINO rappresenterebbe proprio una traduzione del TERMINE LONGOBARDO, necessaria in quanto la gente era politicamente longobarda e non parlava la lingua germanica. L’interpretazione proposta è senza dubbio accettabile, ma non convince pienamente, poiché un termine legale richiede una definizione nello stesso contesto in cui viene introdotto. Dando un veloce sguardo al codice penale tedesco (attualmente in vigore) noteremo subito la presenza di costrutti analoghi, come ad esempio: x è colui il quale...
"§ 211 Mord | 'art. 211 Omicidio |
(1) Der Mörder wird mit lebenslanger Freiheitsstrafe bestraft. | (1) L'omicida è punito con ergastolo. |
(2) Mörder ist, wer aus Mordlust, zur Befriedigung des Geschlechtstriebs, aus Habgier oder sonst aus niedrigen Beweggründen, heimtückisch oder grausam oder mit gemeingefährlichen Mitteln oder um eine andere Straftat zu ermöglichen oder zu verdecken, einen Menschen tötet." (StGB 2017, § 211) | (2) È omicida, chi [...] (trad. Th.K.) |
17I longobardismi citati rappresentano dunque crimini legati alla tradizione giuridica longobarda orale che le autorità legislative volevano conservare e che dovevano inserire nel linguaggio giuridico latino poiché sconosciuti nel diritto romano scritto. La definizione dell'elemento tematico dell'articolo è imposta dalla tradizione discorsiva romana, indipendentemente dall'origine linguistica del termine definito. Quindi, a priori, ciò non fa supporre necessariamente un monolinguismo generalizzato.
18L’ipotesi opposta, che esistesse quindi ancora un certo bilinguismo, offre un'altra interpretazione, cioè quella del code switching di uno scrivente bilingue. Se l'uso di un prestito - cioè di un'unità integrata al sistema lessicale di una lingua - non esclude la competenza bilingue del parlante, uno switching al contrario la implica. Ovviamente è quasi impossibile provare una delle due possibilità in contesti storici, se non disponiamo di informazioni biografiche sullo scrivente; spicca in ogni caso il fatto che spesso i longobardismi non sono adattati alla morfosintassi latina. Come abbiamo visto nell'esempio citato (de walopaus....), l’elemento tematico dell’articolo viene introdotto dalla preposizione de, che regge l'ablativo; manca però la minima traccia di desinenza che indichi questo caso. Neanche gli altri longobardismi nominali elencati sono morfologicamente adattati al latino. Esistono tuttavia anche forme perfettamente latinizzate, come ad esempio il longobardo gastald 'amministratore delle rendite del re' (cf. Treccani s.v. castaldo, TLIO s.v. castaldo) che pare essere già nei tempi dell’Edictus un prestito saldamente integrato, in quanto attestato con diverse forme flessive (e anche derivate in altri documenti dell’epoca):
- al nominativo: "tunc gastaldius regis aut sculdhais requirat culpa ipsa et ad curte regis exegat" (Edictus Rothari, c. 15, p 15, enfasi Th.K.)
- all'accusativo: "aut noluerint in ipsa dare vindictam, tunc liceat gastaldium regis aut sculdhais ipsam ad manum regis tollere" (nach c. 189, p. 45, enfasi Th.K.)
19Si noti come entrambe le citazioni attestino un secondo longobardismo (sculdhais9), con significato simile, che non è flesso nonostante abbia le stesse funzioni sintattiche di gastaldius e gastaldium.
20Una certa vitalità della lingua longobarda fino al VIII secolo risulta anche dall'analisi degli antroponimi eseguita da Wolfgang Haubrichs 2005. Egli constata in questo periodo ancora una continuità del sistema antroponimico longobardo e un continuo aumento contemporaneo di antroponimi ibridi germano-romanzi. L'autore ne deduce "un intreccio delle lingue e delle culture differenziato secondo i ceti sociali" (Haubrichs 2005, 71, trad. ThK.)10 nella cornice di una "società bilingue" e crede che si "conservi ancora nel VIII secolo e almeno nel ceto superiore un longobardo relativamente puro"(Haubrichs 2005, 72, trad. Th.K.).11
21Nell'analisi, egli suddivide gli antroponimi ibridi in due categorie (cf. Haubrichs 2005, 71):
- nomi composti da una costituente latino-romanza iniziale e una costituente germanica in seconda posizione: Dulci-pert, Flavi-pert, Fluri-prandus, Boni-frido, Lupi-gis, Petrona-child, Silve-rad;
- nomi longbardi con suffisso latino-romanzo: Gunde-rad-ula filia Bonis-om-oli.
22L'osservazione è interessante, ma va aggiunta la morfologia flessiva, perché la categoria (1.) riunisce i due tipi appena distinti nell’Edictus, cioè:
231a. ibridi con costituente germanica e senza desinenza flessiva latina, ad es. Dulci-pert, Flavi-pert; queste forme non escludono una competenza bilingue dello scrivente, anzi la lasciano presupporre;
241b. ibridi con costituente germanica e desinenza flessiva latina, ad es. Fluri-prandus, Boni-frido; questo tipo non esclude una competenza bilingue, ma non la lascia neanche supporre.
25Le attestazioni della categoria (2.) corrispondono a 1b.; si tratta di forme morfologicamente integrate che non fanno pensare a una competenza del longobardo. Sarebbe necessaria un'analisi diacronica quantitativa poiché durante il VIII secolo ci si aspetterebbe un netto incremento delle categorie (1b.) e (2.) come indice del bilinguismo evanescente. Una tale ricerca sugli antroponimi in documenti databili o, meglio ancora, datati sarebbe fondamentale per fare luce sulla morte della lingua longobarda. In via provvisoria si può dire che le attestazioni databili del tipo 1a., con costituente longobarda finale e senza flessivo latino, rappresentano gli ultimi indici indiretti dell'oralità longobarda.
26Ciò premesso, vale la pena dare ora un'occhiata ai documenti più antichi dell'italo-romanzo, ai famosissimi placiti campani (o cassinesi). Queste carte furono redatte tra il 960 e il 963, ossia 200 anni ca. dopo il crollo dell'impero longobardo, ma provengono in effetti dal Ducato di Benevento (parte del territorio longobardo) rimasto autonomo fino al 1051. Questi documenti confermanti domande di proprietà fondiaria sono redatti in latino e comprendono testimonianze in volgare locale, forse per motivo di autenticità. Sei sono le persone ivi coinvolte:
- il giudice Arechi (con le varianti: Arechisi, Arechis, Arichis; cf. Fiorelli 1962),
- le due parti litiganti, l'abate Aligerno e il nobile Rodelgrimo d'Aquino,
- tre testimoni, Mari, Teodemondo e Gariperto.
27I nomi rilevati in blu, 5 su 6, appartengono alla categoria 2., con origine germanica e desinenza flessiva latina, e non indicano un eventuale bilinguismo. Sembra dunque che la tradizione onomastica sia sopravvissuta a lungo dopo la morte della lingua. Constatiamo, in altre parole, una solida continuità socio-politica che implica discontinuità linguistica.
3. Prestiti longobardi nell'Italo-romanzo
28Nonostante non avesse ancora a disposizione l’AIS di (???) o gli atlanti regionali, nel suo lavoro pionieristico Ernst Gamillscheg distingue 280 longobardismi. Non è chiaramente possibile analizzarli tutti in questa sede, ma almeno due punti vanno menzionati: (1) la distribuzione areale (2) e il valore lessicologico.
3.1. La distribuzione areale dei longobardismi
29Il contatto linguistico tra longobardo e romanzo è avvenuto almeno 700 anni prima della standardizzazione dell’italiano e ha lasciato un’ovvia impronta sulla formazione dell’Italia dialettale. La distribuzione dei longobardismi dialettali coincide chiaramente con il territorio del regno longobardo, come viene mostrato dalla seguente carta quantitativa, elaborata da Miriam Schwemmlein sulla base di 106 carte AIS.

Quantitative Karte dialektaler Langobardismen Carta quantitativa dei longobardismi dialettali su base dell'AIS (autrice Miriam Schwemmlein)’
30#funkt. nicht#https://www.adis.gwi.uni-muenchen.de/AISM.php?karte=true#
31La distribuzione dei longobardismi diminuisce, grosso modo, verso Sud; si noti anche la presenza un po' ridotta nell'Esarcato di Ravenna e in Liguria, due zone che furono aggiunte più tardi, e la scarsità dei prestiti in Lucania e Puglia, cioè nella metà meridionale del Ducato di Benevento. La carta suggerisce che il bilinguismo diminuiva già con l'estensione verso Sud. Le poche attestazioni nelle aeree che non appartenevano al regno longobardo devono essere introdotte molto probabilmente tramite la lingua standard, e, nel caso della Sardegna, tramite il contatto con il toscano pre-cinquecentesco, più precisamente con il pisano.
32Delle congruenze simili risultano dalla combinazione cartografica di areali lessicali e siti archeologici. Si veda l'esempio di guancia:

Areali linguistici e siti archeologici (autrici: Miriam Schwemmlein e Helene Eichwald)
3.2. Un longobardismo dialettale esemplare: staffa
33Accanto ai toponimi con fara si trova anche un appellativo emblematico per la migrazione e l'acculturazione della gente detta longobarda: il tipo lessicale staffa. Pare che questo tipo d’arnese fosse ancora sconosciuto nell'antichità. Gli esemplari più antichi risalgano all'epoca degli Avari e sono stati rinvenuti in tre tombe ungheresi datate tra il 565 e il 570 d.C.; i morti furono sepolti assieme ai loro cavalli preziosamente imbrigliati e, per la prima volta, anche con staffe di ferro battuto (cf. Bóna 1985, nota 1). Furono dunque questi nomadi a cavallo venuti dall’Asia centrale ad avere introdotto le staffe in Europa12, tramandandole ai Longobardi con cui erano legati in Pannonia, cioè nell'attuale Ungheria. In seguito all'estensione dei Longobardi, le staffe che permettevano nuove strategie militari si diffusero rapidamente in Europa centrale. La diffusione della designazione longobarda (*staffa), però, rimase limitata ai domini del regno longobardo, come viene illustrato dalla carta seguente sulla base della carta AIS 1232.13
![]() ital. staffa (VerbaAlpina su base di AIS 1232_2) |
![]() Il regno dei Longobardi sotto Astolfo (751 d.C.) (fonte) |
3.3. Il valore lessicologico dei longobardismi
34L’esempio appena citato dell' ita. guancia ha già indicato che i prestiti longobardi non sono limitati a domini semanticamente periferici del lessico. In particolare, il campo delle parti del corpo (cf. link), il quale rappresenta un segmento basale del sapere, comprende alcuni tipi notevoli. Essi vengono identificati nella tabella con le forme standard corrispondenti (tranne l'ultima), ricollegabili alle carte AIS corrispondenti:
alcuni prestiti longobardi del dominio PARTI DEL CORPO | |||
longobardo | Italiano Standard | Pag. in Gamillscheg 1934, Bd. II | |
hanka | > | anca (AIS 135) | 144 |
knohha |
> | nocca (AIS 156) | 147 |
milzi | > | milza (AIS 141) | 151 |
skena | > | schiena (AIS 131) | 156 |
skinkâ | > | stinco | 156 |
strozza | > | strozza; strozzare (AIS 1672) | 170 |
wangja | > | guancia (AIS 113) |
170 |
zann | > | zanna | 172 |
zizza |
> | zizza 'seno' (Veneto) (AIS 126) | 174 |
35Secondo il significato e l’esistenza di eventuali sinonimi romanzi, il prestito appare più o meno motivato. Un caso di motivazione semantica, ben conosciuto nella manualistica di filologia romanza, è offerto dal longobardo wangja > ita. guancia. Esso viene solitamente ricostruito come intreccio di tre processi, spesso rappresentato come una catena ([1] → [2] → [3]):
36(1) perdita della parola lat. ōs, ōris, designazione della BOCCA; bisogna però dire che questo tipo era già polisemico in latino, in quanto designava anche la FACCIA;
37(2) cambio metonimico del lat. bŭcca, che designava la GUANCIA (GONFIA) nel lat. class e che era esteso anche a designare la BOCCA; i processi (1) e (2) erano panromanzi, come illustrato nella tabella seguente:
Concetto BOCCA | ||||||
port. | spa. | cat. | fra. | sopr.silv. | ita. | rom. |
boca | bouche | bucca | bocca | bucă | ||
etimologia lat. bucca 'guancia' |
38(3) polisemia del lat. volg. bocca (1. ‘bocca’ e 2. ‘guancia’) eliminata tramite il prestito longobardo che era integrato quale designazione della GUANCIA.
Concetto | ↓longob. | |||
GUANCIA | bucca | bocca | ↓*wangja | guancia |
BOCCA | os | bocca |
bocca | |
latino |
→ lat.volg./rom.→ |
italiano |
39Anche l’eliminazione della polisemia del lat. volg. bucca è stata operata in tutte le lingue romanze - seppur con esiti diversi, ma in parte analoghi perché basati su prestiti da diverse lingue di contatto regionali:
Concetto GUANCIA | ||||||
port. | spa. | cat. | fra. | sopr.silv. | ita. | rom. |
bochecha | cara | galta | joue | gaulta | guancia | obraz |
prelat. | long. | slav. | ||||
lat. | prestiti |
40Mentre in questo caso il superamento dell’ambiguità spiega bene il successo del prestito, è molto più difficile immaginare il motivo della sostituzione da parte di un prestito di una parola (di origine) latina già esistente e non ambigua, come è successo ad esempio nel caso di lat. splēn ‘milza’ (cf. Georges s.v.).
41Un altro gruppo di prestiti longobardi semanticamente più o meno consistente comprende le designazioni del dominio onomasiologico del LEGNO/FALEGNAMERIA; essi sono indizi di una certa acculturazione della popolazione romanza grazie a quella longobarda in questo settore della vita quotidiana.
Prestiti longobardi del dominio LEGNO/FALEGNAMERIA | ||
Langobardo | italiano standard | pag. in Gamillscheg 1934, vol. II |
balk | palco | |
banka/panka | panka | 131 |
brëdel | predella | 135 |
skaff | scaffale | 154 |
skranna | scranna | 157 |
spahhan | spaccare | 160 |
stëk | stecco | 162 |
wald |
gualdo |
42Entrambi i domini di prestiti qui presentati presuppongono un contatto linguistico intenso in un ambiente sociale sufficientemente importante per essere percepito come modello da imitare.
Bibliographie
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- Jarnut 1982 = Jarnut, Jörg (1982): Geschichte der Langobarden, Stuttgart, Kohlhammer.
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- Kluge/Seebold 2011 = Kluge, Friedrich / Seebold, Kluge (2011): Etymologisches Wörterbuch der deutschen Sprache, Berlin, de Gruyter.
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- Sabatini 1964 = Sabatini, Francescoi (1964): Riflessi linguistici della dominazione longobarda nella Italia mediana e meridionale, in: Acc. Toscana di Scienze e Lettere, La Colombaria, vol. 28, 123-249.
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- Wolfram 2002 = Wolfram, Herwig (2002): Die Germanen (1995). München: Beck., München, Beck.